Je T'Aime, Moi Non Plus, NC-17 | Francia/Inghilterra

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~ E m i *
view post Posted on 15/4/2010, 21:11




Titolo: Je T'Aime, Moi Non Plus
Titolo del Capitolo: //
Fandom: Axis Powers Hetalia
Personaggi: Francis Bonnefoy (Francia), Arthur Kirkland (Inghilterra)
Genere: Erotico
Rating: Rosso
Avvertimenti: OneShot, AU, OOC, Lemon, Yaoi, Crossdressing
Note: L'autrice non è soddisfatta di questo scritto, nonostante ci abbia passato sopra una vita intera.
Per varie complicazioni (vaffanculo pc di merda che ti rompi ogni due minuti, ti odio.) la parte di Francis sotto la doccia è stata riscritta in seguito e quindi non è “originale”. Infatti fa cagare, l'ho scritta in dieci minuti, e si vede. Idem il pezzo mentre il protagonista guarda l'insegna del locale.
I personaggi... Mh Sì, mi soddisfano abbastanza anche se Francis è piuttosto OOC. Arthur vestito da donna... mi sono traumatizzata da sola nello scriverlo. *crescita bloccata*
Ah, la fanfiction non è betata.
La canzone che è presente nel testo... beh, non c'entra un cazzo con la storia ma mi ci piaceva e l'ho messa.
Le descrizioni dei luoghi non mi convincono e nemmeno la lemon. Non c'è abbastanza introspezione (a dire il vero non ce n'è per niente... NDEmi Chissenefrega, ci basta il p0rn! NDInnerEmi -.-”NDEmi) e non è nemmeno troppo sexy come volevo che fosse.
Avrei talmente tante altre critiche da fare a questa fanfiction che starei qui fino a mezzanotte. Ma vi risparmio la tortura.
Per conclusione non so nemmeno perchè sto parlando in terza persona, ma sta di fatto che lo volevo fare e l'ho fatto.

***



A Rina.
La mia piccola, dolce, amorevole, tsundere. <3
Ti amo. ma chenille.




{ Je T'aime, Moi Non Plus ~




“Vous êtes un incompétent! Licencié!”
Un paio di braccia forti lo afferrarono e, tirandolo su di peso con non poca prepotenza, lo scaraventarono fuori dalla porta sul retro dell'edificio.
Ruzzolò quattro gradini, sbattendo un ginocchio e atterrando quasi con la faccia in una pozzanghera.
Riuscì a far leva sulle braccia, voltandosi verso i due bodyguards che l'avevano sbattuto fuori. I capelli spettinati gli cadevano davanti agli occhi impedendogli di mostrare l'espressione minacciosa. Si mise seduto a terra con le braccia a sostenerlo, dietro la schiena. Lo sguardo ceruleo cadde sul proprio ginocchio. I pantaloni si erano lacerati nella caduta e un rivolo di sangue faceva capolino da un taglietto.
“Fils des cochones! Vous ne savez pas qui suis-je! Moi, je suis Fra-!!”
Non potè finire la frase che una scatola contenente tutti i suoi effetti personali gli piombò sullo stomaco.
“Ne revenez pas ici, fou!”
E detto questo gli sbatterono la porta in faccia.
Si alzò a fatica e, stizzito, si mise a posto la cravatta, il cui nodo si era sciolto nei movimenti bruschi. Si passò una mano tra capelli portandoli indietro e rilasciandoli cadere sul davanti del viso. Afferrò la scatola con i suoi oggetti per poi dirigersi verso una macchina nel parcheggio. Salì e inserì le chiavi nel cruscotto. Girò la chiave con violenza, masticando insulti tra i denti. Il motore prese vita in un attimo ma subito dopo si spense in un gorgoglio. Restò per tre secondi a fissare il vetro del parabrezza difronte a sé, prima che la testa gli cadesse sul volante, facendo suonare il clacson con forza.
No. Quella non era decisamente la sua giornata.
Alzò la testa e guardò l'orologio. Erano già le sette di sera e il buio stava calando sulle strade e sulla città.
Sbuffò e cercò di rimettere in moto l'auto.
Dopo una decina di tentativi ci riuscì. Si immise nel traffico caotico di Parigi, diretto verso il suo appartamento che si trovava all'incirca nelle zone delle banlieues.
<< L'enième soirée seul avec moi-même... >> pensò incassando la testa tra le spalle.
Non sapeva quanto si sbagliava.


Je t’aime je t’aime
Oh oui je t’aime
Moi non plus
Oh mon amour
Comme la vague irrésolue
Je vais, je vais et je viens
Entre tes reins
Je vais et je viens
Entre tes reins
Et je me retiens



La porta dell'appartamento si aprì cigolando mentre il ragazzo vi faceva il suo ingresso.
La chiuse spingendola con un piede mentre allungava una mano per accendere la luce.
Lasciò cadere per terra la scatola che gli era stata lanciata contro pochi minuti prima.
Il rumore prodotto dalle cianfrusaglie all'interno del contenitore aveva svegliato il suo gattino dal pelo bianco che dormiva beato su una poltrona difronte alla TV.
Si tolse la cravatta gettandola per terra senza garbo mentre il micio si stiracchiava e scendeva dalla poltrona miagolando, per poi andarsi a strusciare sulle gambe dell'uomo, in cerca di attenzioni.
Lo osservò per pochi attimi mentre si apriva i primi due bottoni della camicia bianca, anche se ormai sporca per il volo fatto sul retro dell'edificio nel quale ormai non lavorava più.
Allungò una mano verso un pacchetto di sigarette poggiato su un mobile accanto a lui, ne prese una e se l'infilò tra le labbra per poi accenderla e prenderne una boccata.
Si chinò e passò una mano sul pelo del gattino ai suoi piedi. Si diresse nella piccola cucina, seguito da quest'ultimo.
Versò un po' di latte in un piccolo piatto che depositò a terra per il gattino che subito cominciò a berlo avidamente.
Tornò in salotto e accese la TV facendo zapping col telecomando fino a soffermarsi su un canale che trattava delle ultime canzoni del momento.
Gettò il telecomando sulla poltrona e finì di slacciarsi la camicia. Si tolse le scarpe e il calzini in tutta fretta. Le lasciò dove erano, troppo stanco anche solo per pensare che il suo appartamento era un disastro e che avrebbe dovuto riordinare. Mentre si avvicinava al bagno lasciò cadere per terra la camicia e i pantaloni, restando con addosso solo dei boxer chiari.
Entrò in bagno e dopo essersi tolto l'ultimo indumento che lo copriva si infilò sotto il getto dell'acqua calda.
L'acqua lo rilassò e gli distese i muscoli tesi per lo stress.
Francis Bonnefoy, ventisei anni. Alto, biondo, occhi azzurri. Era bello a sufficienza da poter attrarre tutti quelli che voleva. Donne o uomini che fossero.
Una goccia d'acqua, cadde da una ciocca di capelli e andò a depositarsi sulla sua spalla destra. Lentamente scese, percorrendo un tragitto immaginario sul suo petto, poi rotolando giocosa più in basso, seguendo la linea laterale degli addominali definiti.
Con calma esasperante scese più in basso, deviando verso l'inguine seguendo percorsi inesistenti, dettati solo dal suo semplice scivolare sulla pelle dell'uomo. Alla fine andò a perdersi nella chiara pelle della coscia.
Aveva sempre avuto una bella vita, agiata. A 19 anni se n'era andato da casa dei suoi genitori per iniziare a vivere da solo. All'inizio era andato tutto alla perfezione. Aveva trovato casa con un affitto non molto alto, un buon lavoro...
Ma da un po' di tempo a quella parte le cose non gli andavano più bene come prima.
Gliene capitavano di tutti i colori, e oggi come ciliegina sulla torta, aveva perso il lavoro.
Uscì dalla doccia, legandosi in vita un grosso asciugamano di spugna chiara.
Andò in camera, agguantò un paio di boxer scuri e se l'infilò. Si scrutò nel grande specchio della camera e prese ad asciugarsi i capelli che gli gocciolavano sulla schiena e sul petto.
Rientrò in cucina e aprì il frigo.
Vuoto.
Il suo stomaco brontolò per la fame.
Fece una smorfia e richiuse lo sportello del frigo. Sarebbe andato in un ristorante.
Indossò un paio di pantaloni neri e una camicia bordeaux lasciando slacciati i primi tre bottoni.
Afferrò le chiavi e qualche soldo, se li ficcò in tasca e uscì, fischiettando una canzoncina sentita alla TV mentre era nella doccia.

Je t’aime je t’aime
Oh oui je t’aime
Moi non plus
Oh mon amour
Tu es la vague, moi l’île nue
Tu vas, tu vas et tu viens
Entre mes reins
Tu vas et tu viens
Entre mes reins
Et je te rejoins



Camminò lentamente, barcollando.
La via era stretta e umida. Rabbrividì per il freddo e si strinse nelle braccia cercando di scaldarsi con la fine camicia rossa. Aspirò una boccata dalla sigaretta, per poi far fuoriuscire il fumo in un lungo sospiro.
Stranamente tutto gli sembrava sfocato. Probabilmente era colpa delle due bottiglie di vino che era riuscito a scolarsi da solo durante la sua solitaria cena in quel ristorante che gli era costato un occhio della testa.
L'unica consolazione è che almeno aveva mangiato bene.
Sbattè le palpebre cercando di restare il più lucido possibile. Qualcosa che si illuminava a intermittenza a poca distanza da lui, catturò la sua attenzione.
Alzò il viso, inarcando un sopracciglio.
La scritta rosa fluorescente, decisamente vistosa, lo abbagliava.
Francis leggendone il nome non potè che ghignare, difronte al nome del locale.
L'aveva sentito nominare qualche volta. E non per la sua fama di eleganza e sobrietà o per le persone rispettabili che vi andavano.
Era un bordello.
In pieno centro di Parigi.
Era tempo che non si divertiva. Si guardò intorno con la massima tranquillità.
Non c'era nessuno. Lasciò cadere la sigaretta a terra e la spense, schiacciandola sotto la suola di una scarpa.
Poi si lasciò andare a un sorrisetto strano. A metà tra il lascivo e lo stupido.
Spinse i pesanti pomelli dei portoni ed entrò.

***



La porta si richiuse dietro di lui con un piccolo tonfo che riecheggiò nel corridoio lunghissimo.
L'aria lì dentro era calda e vi si poteva percepire un delicato odore d'incenso misto al profumo delle rose e del bouganville.
Non c'era nessuno. L'atmosfera era rischiarata solo da delle lanterne attaccate tra i grandi specchi che rivestivano le pareti.
Calpestò un logoro tappeto rosso che copriva il pavimento.
Una luce leggermente più forte, ma sempre soffusa, rischiarava la fine del corridoio.
Man mano che si avvicinava a quello sprazzo di chiarore poteva iniziare a intravedere il grande palco sul quale probabilmente venivano fatti gli spettacoli che attiravano così tanta gente.
Arrivò al termine del corridoio e finalmente vide la sala.
Era un' enorme stanza rettangolare dal soffitto alto e fatto ad archi.
Non era affatto come se lo aspettava.
La porta dalla quale era entrato si trovava in un angolo, su di un ampia scalinata. Guardando oltre l'imponente corrimano, alla sua sinistra, poteva scorgere il grande e lucidissimo bancone del bar. Difronte ad esso una marea di tavoli d'ebano coperti da tovaglie rosse finemente ricamate. Dalla parte opposta della sala, che occupava quasi la metà dell'intero ambiente, c'era il palco. Tutta la stanza era decorata con quadri, candele e drappi scarlatti. Attaccato al soffitto faceva mostra un enorme lampadario di cristallo dal quale proveniva una scarsa illuminazione.
Sul lato opposto di dove si trovava, proprio accanto alle file di tavoli, c'era una porta-finestra gigantesca, tutta fatta di fine vetro e di legno colorato d'oro. Era aperta, e da essa si intravedeva un meraviglioso terrazzo.
Non si sarebbe mai aspettato un luogo simile a giudicare dall'insegna che c'era fuori.
Sarebbe sembrato veramente un posto di classe se non fosse stato per quei quadri che stonavano con l'atmosfera, almeno all'apparenza, raffinata.
Una ballerina danzava sinuosa, e mezza nuda, sul palco. Non c'era tanta gente. Solo quei cinque o sei uomini mezzi ubriachi che osservavano la ragazza che si muoveva al ritmo della musica ipnotica.
All'improvviso una vocetta timida lo fece risvegliare dallo stato di trance in cui era caduto.
“Bonne soirée monsieur, qu'est-ce que je peux faire pour vous?”
Abbassò lo sguardo ai piedi della scalinata e vide una ragazzina di si e no 15 anni. Aveva gli occhi castani, enormi, dolci. La pelle sembrava caffè-latte e due grandi fiocchi rossi le tenevano i capelli scuri legati in due codine ordinate.
Un sorriso cordiale le increspava le labbra.
“Ehm... Je voudrais un siège au bar...”
“Certement monsieur! Suivez-moi, s'il vous plaît.”

Era minuta e bassina. Indossava un grazioso vestitino nero con dei ricami.
Velocemente s'infilò dietro il bancone del bar e gli fece un gesto con la mano come per dirgli di accomodarsi su uno degli sgabelli ricoperti di seta color vinaccia.
Si sedette su uno di quelli al centro, lanciando prima uno sguardo al luogo circostante per poi ritornare sulla ragazzina. Poggiò le braccia sul piano di granito nero, una mano a sorreggergli il mento. Era molto giovane, che ci faceva in un posto del genere?
Non ci girò molto intorno e glielo chiese in modo piuttosto diretto.
“Che ci fa in un luogo come questo una della tua età?”
Lei alzò lo sguardo e lo fissò per qualche secondo.
“Lavoro. Faccio la barista qui, cercando di guadagnare qualcosa per vivere.”
“Come ti chiami?”
“Mi chiamo Sesel... e tu?” chiese lei prendendo un po' di confidenza.
“Che nome carino... Io sono Francis.”
Sesel prese un panno e asciugò un bicchiere di cristallo dal gambo sottile.
Dopo una piccolissima pausa la giovane riprese a parlare.
“... E tu, invece, che ci fai qui?” pronunciò la frase quasi con un sorriso beffardo.
Lui spostò lo sguardo azzurro a destra e a sinistra, colto alla sprovvista da quella domanda.
“Sono entrato per pura curiosità.” ammise.
Un sorrisino storto si accese sulle labbra a cuore di lei.
“Che vuoi da bere?”
“Mmm... vino.”
“Bordeaux?”
“Oui, c'est parfait.”
Sesel afferrò una bottiglia di vino che stava in mezzo a mille altri alcolici.
Inclinò il bicchiere e vi versò il liquido, con una buona dose di non chalance. Lo posò difronte al naso di Francis.
Passò il fine stelo di cristallo del bicchiere tra il medio e l'anulare per poi serrare le dita sul calice di trasparente vetro e portarlo alle labbra.
Ne prese un lungo sorso, assaporandolo lentamente.
“C'è sempre così poca gente?” chiese a Sesel.
“Questa è solo la sala principale di tutto l'edificio. Qui si fanno solo spettacolini erotici per mettere in mostra la merce che possiamo offrire e farla “scegliere” ai clienti...” ammiccò con la testa verso il palco, in direzione della ballerina, e poi verso gli uomini. “Per accedere alle camere da letto si passa da dietro il palco.”
Lui l'ascoltò, mentre muoveva il polso in movimenti circolari facendo vorticare il vino all'interno del bicchiere.
Alzò la testa di scatto con la bocca già aperta per porle una domanda, che una nuova musica si diffuse nella sala. Le luci si soffusero così tanto che sembravano essere sul punto di spegnersi. Solo sul palco ce n'erano di più forti, fatte apposta per attirare l'attenzione sull'ennesimo spettacolo che vi si stava per consumare.
Sesel alzò gli occhi mentre prendeva a pulire un altro bicchiere con il panno candido.
“Oh, è appena iniziata la nostra attrazione principale!”
Il biondo la osservò per due secondi con aria interrogativa per voltarsi verso la scena e vedere di cosa si trattasse.
La musica l'aveva già sentita. Gli era familiare.
Le tende del palco si aprirono lente, scoprendo una fila di belle ragazze con appariscenti vestiti fatti di pizzi rossi e neri.
Il vestito di ciascuna ballerina era composto da un corpetto nero a strisce rosse al quale era attaccata una gonna cortissima fatta di pizzo e tulle color fuoco, come le piume vistose che avevano intrecciate tra i capelli.
Quei pezzi di stoffa microscopici che neanche si potevano definire “gonne” coprivano a mala pena l'inguine. Le gambe erano ricoperte da autoreggenti che arrivavano appena sopra il ginocchio. I tacchi erano vertiginosi.
Erano quasi tutte alte e piuttosto prorompenti. Eccetto una. Leggermente più bassina nonostante indossasse anche lei quelle scarpe più simili a trampoli.
Non aveva seno e non era per niente formosa. In compenso aveva delle belle gambe.
Appena vide le stupende cosce della fila di ballerine alzarsi scoprendo vezzosamente l'intimo riconobbe la musica tipica dei balletti di cancan.
Man mano che la frenesia della musica cresceva i movimenti sensuali delle ballerine si facevano più veloci e le guance di Francis sempre più rosse mentre scandagliava ogni minimo dettaglio del corpo di quella ragazza minuta e bassina.
I capelli erano corti e biondo cenere, gli occhi erano verdi e luminosi.
Aveva un espressione accigliata, quasi scocciata. Le guance avevano una tonalità di rosso quanto le tende del palcoscenico.
Possedeva un corpo molto androgino. Sembrava quasi un maschio.
Per un attimo gli occhi verdi sul palcoscenico si alzarono in direzione di Francis, probabilmente a causa dello sguardo insistente e curioso che gli rivolgeva.
Li distolse subito, mordendosi un labbro e voltando la testa da un altra parte, quasi con stizza.
Il francese si portò il bicchiere alle labbra e bevve, senza staccare gli occhi dal palco.
Notò che il colorito delle guance risaltava pesantemente sulla pelle chiara della ballerina mentre quest'ultima e le sue compagne si apprestavano a finire il balletto con un ultimo svolazzio dei pizzi e uno sguardo civettuolo.
Ovviamente lei anziché avere uno sguardo ammiccante, aveva una smorfia di vergogna sul viso. Quasi volesse dire che quello non era di certo il suo posto e che con quel ballo aveva definitivamente mandato a puttane il suo orgoglio.
Le tende si chiusero tra i fischi di apprezzamento dei presenti.
Il biondo si voltò velocemente verso Sesel che stava ancora pulendo delle stoviglie.
“Chi era quella?”
Lei lo guardò interrogativamente, inarcando un sopracciglio.
“Quella chi?”
“ La ragazza più bassa... quella coi capelli biondi e corti...”
Capendo a chi si riferiva, il sorrisetto sulle labbra di Sesel divenne di un misto tra l'inquietante e il malizioso.
“Perché? Ti piace per caso?”
“Beh... aveva delle gambe niente male... e poi mi ha dato nell'occhio visto che era molto... diversa rispetto alle altre ballerine...”
Lei restò in silenzio e mentre gli versava il secondo bicchiere di vino sporgendosi verso di lui, gli chiese se volesse conoscerla.
“Chi? La ballerina?”
“Sì, la vuoi conoscere? Posso presentartela...”
Lui non ci rimuginò su più di tanto.
“Perché no?”
Sesel gli lanciò uno sguardo che non seppe decifrare.
Uscì da dietro il grande bancone e gli disse di aspettarla lì per poi correre veloce dietro il palcoscenico, sul quale si stava per svolgere un nuovo spettacolino.
Due minuti dopo tornò in compagnia della ballerina.
La teneva per mano e la trascinava verso Francis con un sorriso raggiante.
La biondina invece aveva il viso completamente rosso e teneva lo sguardo rivolto verso il basso, borbottando qualcosa tra i denti.

Je t’aime je t’aime
Oh oui je t’aime
Moi non plus
Oh mon amour
L’amour physique est sans issue
Je vais je vais et je viens
Entre tes reins
Je vais et je viens
Je me retiens
Non ! maintenant viens...



La brezza fresca gli scompigliò i capelli ondulati che si riportò all'indietro passandocisi una mano.
Il panorama su quel terrazzo era magnifico e l'atmosfera semplicemente perfetta.
“E quindi... come mai lavori qui?”
“Perché... ho un fratellino piccolo e dovrò pur guadagnare qualcosa, no?”
Sembrava scocciata, non lo guardava mai in viso e teneva le sopracciglia aggrottate.
Adesso che era vicino a lui poteva osservare ogni dettaglio del suo viso.
Comprese quelle sopracciglia enormi.
C'era qualcosa che non quadrava, se lo sentiva. Ma forse era solo l'effetto dell'ennesimo bicchiere di vino che si scolava. La voce della ballerina gli arrivava ovattata alle orecchie, ma gli sembrava stranamente troppo grave per essere quella di una fanciulla.
Non ci diede troppo peso e continuò a bere. Finì la terza bottiglia di vino della serata mentre le passava un braccio attorno alle spalle.
Stavano seduti su un divanetto di velluto scuro. Lui continuava a sorseggiare il vino mentre lei guardava fisso a terra e rispondeva a monosillabi o con qualche parola. Sembrava scocciata, ma non quell'espressione imbronciata a Francis sembra anche più carina.
La guardò di sottecchi continuando a blaterare del più e del meno. Ma si stufò ben presto. Adesso aveva voglia di divertirsi.
Poggiò con grazia il bicchiere sul tavolino accanto a lui, vicino alla bottiglia ormai vuota.
Rivolse lo sguardo all'acqua calma della Senna, per poi guardare più in lontananza contemplando la Tour Eiffel completamente illuminata.
“E' uno spettacolo magnifico, non trovi?” chiese con voce dolce, tenendo lo sguardo fisso sullo spettacolo di luci.
La ragazza seguì il suo sguardo con gli occhi e annuì. “Sì, è molto bello.”
Francis voltò velocemente il viso facendo si che le loro bocche fossero vicinissime.
Touché.
Lei avvampò diventando violacea in viso. Scattò in piedi nello stesso momento in cui Francis pensava di averla “in pungo” e si avvicinava per baciarla.
Camminò veloce facendo ticchettare le scarpe sul pavimento di marmo bianco e andando a poggiare le mani sul parapetto della terrazza, sospirando e cercando di controllarsi.
L'altro intanto si rialzò massaggiandosi il naso che aveva sbattuto contro il divanetto quando lei gli era sfuggita.
Oh, no che non si sarebbe arreso.
Si alzò e, silenziosamente, le prese i fianchi da dietro. Adesso che la osservava bene non aveva neanche il punto vita definito come spesso le donne hanno.
La sentì tendersi mentre le avvicinava le labbra all'orecchio lasciato vagamente scoperto dai capelli.
“Ma... devo dire che qui con me c'è uno spettacolo anche migliore.”
Frase banale ma sempre d'effetto. Sopratutto se pronunciata con quella voce e con quello sguardo.
Il fiato caldo le lambì il lobo e la ballerina si voltò con un gesto secco e un cipiglio feroce in viso.
“Sappi che con me le frasi cliché non-!!”
Si ritrovò senza fiato, la bocca premuta contro quella del francese. Le parole morte in gola, troppo deboli per poter uscire e respingere quella sensazione.
Gli passò la lingua sulle labbra come a chiedergli il permesso di potersi impossessare della sua bocca.
La giovane le schiuse leggermente, lasciandosi andare.
Le mani di Francis le si infilarono tra le corte ciocche bionde, tirandola più verso di sé, con delicatezza.
Quando sentì la lingua dell'uomo stuzzicare la propria udì come un campanello d'allarme suonargli in testa.
Gli portò le mani sul petto e afferrò la camicia, nell'indecisione del respingerlo o dell'avvicinarlo al suo corpo.
Mentre soppesava il gesto da compiere, l'altro l'aveva sospinta verso il parapetto del terrazzo, quasi costringendocela contro.
Con un leggero schiocco di labbra umide di saliva si staccarono e Francis la ribaciò all'angolo della bocca, lasciando che riprendesse fiato.
Strinse convulsamente i pugni sulla camicia del francese, respirando con affanno. Cercò di respirare più aria che poteva di ordinare le idee.
Ma non riusciva neanche a pensare. La capacità di ragionamento si azzerò completamente quando la bocca di Francis si riposò sulla sua, più famelica di prima.
La barba chiara gli pungeva leggermente, ma non era una sensazione spiacevole.
La sospinse ancora verso il parapetto, fino a riuscire ad afferrarla per le cosce, sollevarla e farcela sedere sopra.
Per paura di cadere all'indietro – o per istinto – allacciò le braccia bianche attorno al collo di Francis, sfiorando i capelli mossi tenuti vagamente in ordine da un codino basso.
Le caviglie incrociate dietro alla schiena dell'uomo che la sosteneva per i fianchi, evitando così che facesse un bel volo nella Senna.
Si ritrovarono, involontariamente, avvinghiati.
Quando riavvertì la lingua del francese nella propria bocca a stuzzicare e giocare con la sua, ogni proposito di allontanarlo sparì nel nulla come una delicata bolla di sapone che esplode all'improvviso.
Le mani scorrevano veloci, esplorando a lattea schiena.
La ballerina strinse convulsamente le braccia attorno al collo di Francis mentre le labbra di quest'ultimo scorrevano svelte alla pelle della spalla, mordendo leccando e succhiando morbidi lembi di carne chiara.
Alla ragazza scappò un singulto di sorpresa quando una mano del biondo francese agguantò la sua coscia per attrarla di più a sé, facendo aderire completamente i loro corpi.
Ansò più forte, mentre le dita, audaci ed esperte, accarezzavano dal ginocchio fino ad infilarsi sotto la gonna leggera.
Eseguì il movimento più volte, finché non sentì la ragazza aprirgli i bottoni della camicia con talmente tanta foga da fargliene saltare via due. Sogghignò al pensiero di averla in pugno e spostò la bocca nell'incavo della spalla della giovane, iniziando a straziarne un pezzo di pelle facendogli assumere una bella colorazione rossa.
Carezzò il petto dell'uomo aggrappandosi a lui come se stesse per cadere da un momento all'altro. Le gambe tremanti come gelatina.
All'improvvisò avvertì le dita lunghe dell'uomo all'altezza del suo inguine e si immobilizzò completamente.
Con il rossore fino alle orecchie lo sospinse più lontano, quasi bruscamente.
Se avesse scoperto che...
Lo vide squadrarla in modo interrogativo, e non sapendo cosa dire balbettò qualcosa di incomprensibile.
Dopo qualche secondo di silenzi lo sentì mormorare timido.
“Ehm...”
“Cosa c'è?!” chiese con voce decisamente troppo acuta, alzando lo sguardo e notando che lui la fissava.
Ma gli occhi blu non erano riflessi nei suoi, quando lì alzò per cercarlo. Erano incollati sul suo corpo... precisamente all'altezza del bacino.
"Ehm... ecco io..." il bordeaux delle tende non era niente in confronto al suo viso.
"Tu non sei una ragazza" e quella frase sussurrata, era un' affermazione.
Arthur si agitò, portandosi le mani in grembo forse nel tentativo di mascherare la prepotente erezione che gli svettava tra le cosce.
Francis sospirò, spostandosi una ciocca di capelli dal volto.
"Come ti chiami?"
"Arthur..." ammise l'altro in un flebile sussurro.
Dio, cosa poteva esserci di più umiliante? Niente, probabilmente.
"E perchè sei in un posto le genere vestito da donna?" continuò il francese, imperterrito.
"Non sono affari tuoi!" rispose stizzito Arthur. Cosa gli importava a quel bellimbusto di cosa ci facesse lì? Non riusciva proprio a farsi gli affaracci suoi?!
Che impiccione.
Francis squadrandolo con curiosità intanto aveva fatto un piccolo apprezzamento sulla gonna che indossava. Nella testa di Arthur si susseguì una serie infinita di insulti nei confronti di Francis per il modo in cui lo osservava. Si sentiva morire.
Tra tutti gli insulti che stava elaborando il più divertente e azzeccato era forse "Stupida rana".
"Stupida" perchè aveva una faccia da emerito cretino agli occhi verdi di Arthur. "Rana" perchè, beh... Assomigliava vagamente a un principe azzurro delle fiabe, ma tutto era fuorchè un principe, visto lo sguardo da pervertito con cui lo fissava. Balzò in piedi e gli si avvicinò minaccioso aprendo la bocca, pronto a rivolgergli la serie di epiteti poco carini che aveva elaborato in risposta al suo ennesimo apprezzamento verso le sue gambe. Francis fu più veloce e gli afferrò il mento, avvicinando pericolosamente i loro visi, studiando ogni più piccolo dettaglio del volto dell'inglese.
"In effetti sono stato proprio stupido..."
"Ah! Finalmente te ne sei reso conto!" sbottò Arthur cercando di sfuggire alla forte presa del francese.
" ... A non accorgermi che eri un uomo! Queste sopracciglia sono enormi, non possono appartenere a una ragazza!"
Arthur aggrottò la fronte. Odiava che si parlasse delle sue sopracciglia. Lo irritava. Con tutta la forza che aveva sollevò una gamba e, con un gesto secco, fece ricadere il tacco a spillo della propria scarpa sul piede sinistro di Francis.
"Ahi!!"
"Così impari!" rispose stizzito l'inglese con le mani poggiate sui fianchi e un sorriso beffardo sul viso, a mo' di sfida.
Quando il dolore al piede sinistro di Francis si fu affievolito e quest'ultimo ebbe smesso di saltellare e di lamentarsi, riportò lo sguardo ceruleo su Arthur.
"Non hai risposto alla mia domanda... Perchè sei in questo posto vestito in questo modo?" chiese nuovamente Francis indicando la gonna e il corsetto che il biondo inglese portava.
"E perchè questo terzo grado? Che te ne frega?!"
"Beh, credo di aver diritto a una risposta visto che fino a neanche dieci minuti fa ti credevo una ragazza, ed eravamo avvinghiati sul parapetto del terrazzo."
Arthur esaltò un altro sbuffo, contrariato dal dovergli dare delle spiegazioni. Ma in fondo non aveva tutti i torti. Si morse il labbro inferiore, in difficoltà.
"E va bene..." incrociò le braccia al petto. "Mi trovo qui, a rendermi ridicolo vestito da donna, perchè sono al verde! Non sono riuscito a trovare uno straccio di lavoro e ho un disperato bisogno di soldi visto che devo anche crescere il mio fratellino Peter da solo! Ha solamente dodici anni e non posso di certo farlo lavorare!"
Francis lo osservò.
"Capisco..."
Arthur rimase in silenzio, l'espressione corrucciata di chi pensa intensamente a qualcosa.
"Però" esordì nuovamente il francese facendo qualche passo in avanti verso il ragazzo inglese, che adesso gli rivolgeva uno sguardo interrogativo e diffidente. "Ti devo contraddire sul <<mi trovo qui, a rendermi ridicolo vestito da donna>>" Adesso Francis gli era nuovamente vicino. Così vicino che Arthur riuscì ad avvertirne il profumo leggero. Cercò di voltare il viso verso quello di Francis, ma era come bloccato dalla sua voce profonda, che sussurrava a neanche un centimetro dal lobo del suo orecchio. "Perchè questo vestito ti dona non poco e, personalmente, ti trovo molto attraente conciato così."
<<oh, anche io ti trovo molto attraente...>> si ritrovò a pensare una piccola parte di Arthur.
Spalancò gli occhi verdi.
Ma che diamine andava a pensare?! Era impazzito?!
Lui era un Kirkland! Come poteva pensare una cosa del genere?!
E poi quel maniaco gli aveva appena detto che lo trovava sexy vestito da donna! Quello era veramente troppo!
Afferrò una ciocca dei biondi capelli di Francis, pronto a strapparglieli via fino alla radice.
Li strattonò, ma così facendo commise un grosso errore, offrendo involontariamente la propria bocca a quella del francese nel movimento brusco.
Francis colse la palla al balzo e poggiò nuovamente le labbra su quelle dell'inglese, com'era fino a poco prima. Arthur ovviamente cercò di respingerlo come aveva fatto poco prima, ma questa volta incontrò l'ostacolo delle braccia forti di Francis che lo cinsero bloccandogli ogni movimento. A quel punto, aggrappandosi a quell'ultimo brandello di buon senso che la lingua del francese non gli aveva ancora strappato, spostò la testa, riuscendo a liberare la propria bocca, respirando a pieni polmoni. Nonostante questo gesto il bel francese non si scoraggiò e scivolò lento fino all'incavo tra il collo e la spalla dell'amante. Arthur si sentì sospingere all'indietro dal corpo di Francis finchè non avvertì nuovamente la consistenza fredda del marmo del parapetto cozzare contro le cosce scoperte dalla gonna. E come prima si ritrovò in balia della stupida rana. Questa volta però era molto più determinato di prima a non lasciarsi sopraffare dalle dolci, ed eccitanti, effusioni che stavano per consumarsi. Era un gentleman!
E come tale, il sesso non rientrava nei suoi bisogni principali!
Si lasciò scappare un singulto acuto quando una mano di Francis si infilò nel suo intimo, accarezzandogli il membro a riposo. Contrasse le dita in modo convulso contro la camicia rossa del francese, cercandovi un appiglio.
Aveva le guance in fiamme e il fiato corto. L'altra mano gli aveva sciolto i lacci che tenevano chiuso il corpetto all'altezza del petto poi, con impazienza, aveva scostato la stoffa per poter afferrare un capezzolo roseo di Arthur tra le labbra. L'inglese rivolse la testa all'indietro, ansando.
No! Non avrebbe dovuto lasciarsi andare così!
Avrebbe voluto ribellarsi a quelle carezze, ma il suo corpo non rispondeva più al cervello che non riusciva ad articolare niente di sensato. E la mano di Francis nelle sue mutande, che lo masturbava con forza e foga crescente, non lo aiutava di certo a ragionare. Quando il francese gli morse il capezzolo ormai indurito, fece un movimento brusco con la testa e vide, con la coda dell'occhio, la maestosa Tour Eiffel completamente illuminata. La consapevolezza che si trovavano in un luogo “pubblico” e che qualcuno avrebbe potuto vederli lo travolse, causandogli una raffica di piacevoli brividi lungo la schiena.
“Ahnnn...” ormai ogni facoltà celebrale di Arthur era andata a farsi benedire e, senza che neanche lui sapesse il perchè, infilò le mani sotto la camicia di Francis, accarezzandogli i muscoli tesi dell'addome. Il biondo francese sospirò compiaciuto. Sentiva le dita di Arthur carezzargli il petto e gli addominali, curiose. Prese delicatamente il glande del ragazzo tra l'indice e il pollice, frizionando la piccola apertura del membro di Arthur da cui già uscivano chiare gocce di liquido pre-orgasmico. Trasalì non aspettandosi un gesto così audace da Francis. Una mano di quest'ultimo gli si infilò nel capelli, avvicinandolo a sè per poterlo baciare.
Le lingue diedero vita a uno scontro umido e piacevole mentre una discreta quantità di saliva scappava dalle labbra e colava lungo i menti di entrambi. Arthur già si immaginava cosa sarebbe successo se li avessero beccati. Magari sarebbero pure finiti sul giornale. E non osava pensare ai titoli che avrebbero dato all'articolo. Arthur aprì gli occhi lucidi, trovandosi davanti le pupille dilatate di Francis. Entrambi sentivano nelle orecchie i battiti accellerati dei loro cuori.
Gli prese la cintura dei pantaloni e la slacciò con un gesto seccato.
I pantaloni di Francis scesero fino alle caviglie, facendolo restare in boxer.
Il francese, dal canto suo, alzò la gonna dell'inglese e con due dita gli tirò giù l'intimo che indossava, prendendolo per l'elastico e spostandolo fino alle ginocchia tremanti di Arthur.
“Voltati.” gli ordinò Francis.
Arthur si ritrovò con il busto schiacciato contro il parapetto di marmo e il viso a specchiarsi nella Senna.
Girato in quel modo riusciva a vedere Francis dietro di lui che gli straziava il retro del collo e delle spalle alternando morsi, baci e succhiotti. Arthur spostando lo sguardo sul se stesso riflesso nell'acqua, notò che aveva un espressione tremendamente oscena.
Aveva gli occhi lucidi, le guance arrossate, i capelli spettinati e le labbra rosse, schiuse e gonfie per far uscire i gemiti appagati. Da dietro la sua spalla Francis gli sorrise sornione e strusciò lascivamente la propria erezione contro le natiche di Arthur, emettendo un gemito deliziato.
“Sei pronto?” gli sussurrò in un orecchio, addentandogli il lobo.
Arthur gemette, cercando di articolare qualche parola.
“Mmm... A-asp... nh-!! I-io non...”
“Ok, mon cher. Tranquillo. Ci penso io...” mormorò Francis con voce volutamente sensuale.
Stranamente quell'affermazione invece che calmare Arthur, lo agitò. Vide il riflesso del compagno scendere con le labbra lungo tutta la sua colonna vertebrale e in contemporanea sentì le mani esperte del compagno agguantagli le natiche sode e aprirle leggermente, mettendo in mostra una parte della sua carne più privata.
Arrossì violentemente e cercò di nascondere il viso tra le braccia sapendo quello che stava per accadere.
Le erezioni di entrambi quasi facevano male da quanto si erano indurite. Francis in un punto indefinito dietro l'inglese mugugnò soddisfatto. Arthur era troppo preso da quella piacevole sensazione per capire dove fosse il francese e cosa stesse facendo. Senza preavviso fu come se venisse strappato via da un sogno, grazie a un morso da parte di Francis sulla pelle sensibile di un gluteo.
Tremò mentre una fitta di desiderio incontrollabile li scuoteva internamente.
Strizzò gli occhi e tentò di reprimere un urlo, che riuscì a sfuggirgli comunque, quando sentì un organo caldo, bagnato e flessibile stuzzicargli l'orifizio anale.
Ormai aveva rinunciato a trattenersi e gemeva senza ritegno. Il francese gli divaricò di più le cosce e con poca fatica riuscì a penetrarlo con la lingua. L'inglese inarcò la schiena, colto alla sprovvista. Quella sensazione era magnifica e gli piaceva da morire. La stupida rana sapeva usare la lingua in modo divino, ma questo Arthur non l'avrebbe mai ammesso.
Neanche sotto le peggiori torture.
Francis prese a muovere la lingua in modo circolare e a spingerla più infondo che poteva, nel corpo di Arthur.
Le ginocchia dell'inglese minacciavano di cedere a ogni movimento della lingua maliziosa di Francis che lo esplorava.
Emise un leggero rantolo e un mugugno di disapprovazione quando Francis smise quella piacevole tortura.
Respirò più aria che poteva mentre il francese ritornava con il mento contro la spalla di Arthur e si apprestava a penetrarlo.
Il biondo inglese poggiò la fronte contro un proprio braccio.
Francis gli baciò una spalla per rassicurarlo.
“Andrà tutto bene cher. Sta tranquillo e rilassati.”
L'inglese sentì chiaramente l'erezione di Francis farsi strada i lui, accompagnata dai suoi primi mugolii.
Andava adagio, forse per paura di fargli male.
Era troppo lento.
“Muoviti, idiota...” lo incitò Arthur spingendo il proprio corpo verso quello dell'altro, sentendolo arrivare molto infondo dentro di lui.
Stavolta fu Francis a trasalire, colto di sorpresa da Arthur.
“Non-mmm... non pensavo... c-che avessi tutta questa frettaaa...” commentò il francese, perso nel corpo umido e stretto dell'amante.
“Zitto e... e muoviti.” ordinò l'inglese.
L'altro ridacchiò con voce bassa e ruvida.
“Ai tuoi ordini...” e detto questa frase tornò indietro col bacino e poi lo spinse nuovamente dentro Arthur, cercando con i primi affondi il punto interno del suo corpo che sapeva lo avrebbe fatto impazzire, una volta trovato.
Dopo varie spinte, quando alle sue orecchie arrivò la voce di Arthur molto più acuta ed eccitata dopo aver spinto in un punto molto in profondità nel suo corpo, capì di averlo trovato.
Lo prese per i fianchi e con forza prese a entrare e uscire in lui, sempre più veloce, sempre con più foga, affondando il più possibile in lui per toccare quel punto magico che l'avrebbe portato in Paradiso.
Il sudore gli colò da una tempia fino al collo e andò a bagnare la camicia ormai madita di sudore.
Arthur socchiuse gli occhi mentre Francis continuava a colpire con energia la sua prostata, facendogli pronunciare concitati “ah!”
L'unico rumore che c'era erano i loro gemiti sempre più forti e il rumore dei loro corpi che si univano, si strusciavano e si cercavano con eccitazione crescente.
In quel momento esistevano solo loro.
Arthur e Francis. Uniti. Solo loro e nient'altro.
Continuò così per un po' finchè non si sentirono entrambi arrivare al limite.
A quel punto una mano di Francis si spostò dal fianco di Arthur, raggiunse la sua erezione e prese ad accarezzarla con movimenti energici.
Con le ultime spinte più forti e decise Francis venne, stringendo Arthur a se, tremando e serrando le palpebre. Gemette forte contro la spalla dell'inglese mente anche quest'ultimo veniva in un gemito roco.
Francis uscì dal corpo di Arthur e mentre udiva il suono prodotto dal liquido di quest'ultimo cadere sul pavimento, lo prese e lo aiutò ad arrivare fino al divanetto poco distante da loro, con le gambe tremanti e rischiando di inciampare più volte nei pantaloni che ancora non si era tirato su.
Si rivestirono alla svelta mentre si guardavano intorno con gli occhi ancora appannati dal piacere, sperando che nessuno li avesse visti.
Si sedettero lì e Arthur per la stanchezza poggiò la testa sulla spalla di Francis.
Senza dirgli una sola parola si addormentò, stremato.
Francis, un attimo prima di cadere preda della stanchezza lo guardò.
Poi sorrise. Quella era stata senza dubbio una delle notti più strane e piacevoli della sua vita.
Ridacchiando, gli venne spontaneo pensare che se perdere il lavoro gli faceva passare nottate del genere, doveva farsi licenziare più spesso.

Edited by ~ E m i * - 25/4/2010, 21:59
 
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~ Tsubasa ~
view post Posted on 22/4/2010, 17:56




CITAZIONE
" ... A non accorgermi che eri un uomo! Queste sopracciglia sono enormi, non posso appartenere a una ragazza!"

La Monociglio...X°°°°°°
Je t'adore amour!
 
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~ E m i *
view post Posted on 23/4/2010, 20:25




Moi aussi, ma petite <3
Felice che ti sia piaciuta almeno un po' *V*
 
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2 replies since 15/4/2010, 21:11   125 views
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