Titolo: Emma's POV
Titolo del Capitolo: //
Fandom: Originale
Personaggi: Io, Rina, Mika, Somo (citata)
Genere: Introspettivo, Fluff (?)
Rating: Verde
Avvertimenti: OneShot, POV
Note: Ok, so che può sembrare un'emerita cazzata. Non sono nemmeno sicura che si possa definire una fanfiction. Ma Rina mi aveva chiesto di scrivere una fanfiction su noi due. Non ho voluto inventarmi momenti mai esistiti tra noi, quindi ho scelto di fare una cosa diversa, scrivendo il mio punto di vista e i miei pensieri sul nostro primo incontro, a Firenze.
{ Emma's POV ~
<< Oddio. Oddio. Oddio. Ci siamo. >>Apro il portello della macchina con una foga che non credevo di avere, e mi butto letteralmente fuori dall'abitacolo, sbattendo poi la portiera.
Mi giro istintivamente verso Mika, che scende con me, dalla macchina di mio padre, per entrare nella stazione.
Faccio i primi passi sull'impiantito e sento il rumore dei tacchi bassi dei miei stivali sulle mattonelle.
Continuo a cercarla con gli occhi. Lei si volta verso di me, tenendo in mano il foglio disegnato da lei stessa oggi pomeriggio, mentre eravamo in camera.
Cerco di aggiustarmi i capelli come meglio posso. Lei mi sorride leggermente e ci avviamo all'interno della stazione.
E' la sera di Halloween ed è pieno di ragazzi mascherati pronti ad andare alle feste. Alcuni sono addirittura in cosplay... probabilmente tornano dal Lucca Comics.
Domani ci dobbiamo andare noi.
<< Kyaaaa! Non sto nella pelle! >>Io e Mika ci avviciniamo agli arrivi dei treni, seguite a poca distanza da mia madre.
“Ma dove sono?!” sbotto mentre squadro tutti i treni fermi che riesco a vedere.
“Non lo so. Prova a chiamarla.” mi suggerisce Mika.
Giusto. Apro la borsa e frugo con la mano destra alla ricerca del mio Motorola fucsia. La mano inevitabilmente mi sbatte contro la custodia del fondotinta e il resto dei trucchi. Mi sorge spontaneo chiedermi se sono in uno stato decente in quanto a
maquillage.
Va bene, va bene. Lo so. Mi sono rifatta il trucco neanche venti minuti fa, in camera di Somo. Ma non posso fare a meno di chiedermelo quando sono agitata perchè devo incontrare qualcuno.
Ho la forte tentazione di chiedere a Mika se mi è colato il mascara, ma lascio perdere. Anche prima mentre eravamo in albergo, mentre mi ridavo la matita, ero così in fibrillazione che l'ho sbavata tre volte. La Somo mi ha guardata come se fossi uscita di senno. “Emma, devi solo andare a prendere la Rina. Non al gran ballo.” Mah... che ci volete fare? Io non sono tutta rifinita.
Vado sulla rubrica e cerco il numero. Premo il tasto verde della chiamata e aspetto.
Mika mi guarda. E io contraccambio.
Aspetto due, tre, quattro, cinque squilli... poi una voce acuta –
decisamente, troppo, acuta - mi trapana il timpano destro.
“Oi, ma dove siete?!”
“Alla stazione, ovviamente. Te?”
Mika continua a guardarmi e con le labbra e un filo appena udibile di voce mi mima le parole “Dov'è?”
“Io sono alla stazione, con mia madre. La riconoscete subito perchè sembra una
Barbie. Siamo esattamente sotto l'insegna del Mc Donald!”
Alzo gli occhi sulle insegne dei negozi all'interno della stazione, dando le spalle agli arrivi dei treni. Mika mi imita e anche lei si guarda attorno.
A quest'ora molti negozi sono chiusi, ma alcune insegne sono accese. Il rumore del traffico al di fuori della stazione è assordante.
Continuo a fissare imperterrita la scritta accecante del fastfood.
Poi mi viene spontaneo pensare che sono una cretina. Perchè fisso l'insegna?
Loro, molto probabilmente, sono davanti alla porta. Coi piedi sul pavimento, come me.
Non appollaiate sulla scritta gialla, rossa e bianca del Mc Donald.
Mi costringo a guardare più giù, verso la porta. Ma non le vedo.
Il mio stomaco avverte come un peso che lo schiaccia. Perchè questa sensazione?
Quella ricerca di sguardi mi ricorda, spontaneamente, la stessa "avventura" qualche mese prima. D'estate. Ma in un luogo diverso. Ho paura che possa capitare lo stesso? Forse. Ma ora non è il momento di pensarci.
Respingo il ricordo nell'anticamera del cervello, portando le mie attenzioni su ciò che circonda me e Mika.
La sento chiedere, con voce dubbiosa un “Sono loro?”
Volto la faccia verso di lei e cerco di capire dove stia guardando. Mi fa un cenno col capo e finalmente vedo due sagome scure.
Sono in controluce, e con la luminosità che sprigionano i negozi ancora aperti alle loro spalle, non riesco a scorgerle benissimo.
“Sì, credo proprio di sì.”
Abbasso il cellulare dall'orecchio. Ho un attacco di ridarella acuta. Cerco di contenermi e mi limito a sorridere. Due impercettibili chiazze rosa sulle guance,
che non mi appartengono - nascoste dalla semioscurità del luogo - fanno bella mostra sulla mia faccia.
Una mano sventola in aria, e noto una figura esile e alta – indossante un cappellino tremendamente
francese – dimenarsi nella nostra direzione. Il cervello smette definitivamente di funzionare, prima di ritrovarmi con la guancia poggiata contro quella della persona che aspettavo, le sue braccia attorno al mio collo, e –
di nuovo- la sua voce stridula nelle orecchie.
Edited by ~ E m i * - 3/5/2010, 20:15